Work for equity

Startup your biz! Let’s have Work for Equity


CASO PRATICO DI AUMENTO DEL CAPITALE DI UNA S.R.L. LIBERATO CON COMPENSAZIONE DEL CREDITO MATURATO DAL PROFESSIONISTA IN REGIME FISCALE AGEVOLATO. Startup your biz! Work for equity
Cos’è il Work for Equity?

Il Work for Equity è stato introdotto nel nostro ordinamento con l’art. 27 del D.L. n. 179 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012 n.221 ed è contestualizzato all’interno della normativa riferita alle c.d. startup innovative. Successivamente è stato esteso alle pmi innovative con il D.L. n. 3 del 2015, con l’obiettivo di favorire l’accesso a prestazioni professionali qualificate (es. notai, avvocati, dottori commercialisti) senza fare ricorso alla liquidità aziendale. 

In pratica si remunera il professionista con quote, azioni o strumenti finanziari partecipativi anziché con denaro. Nella nostra Rubrica “Startup your biz!” Worfor equity andiamo ad affrontare un caso pratico.

Il caso pratico

Tralasciando all’interno di questo contributo i cd. “piani di work for equity” vediamo un’applicazione pratica dell’istituto in esame, nella sua versione più conveniente per una startup.

Il caso è quello di un professionista che ha svolto una prestazione a favore di una startup (costituita in forma di s.r.l. ordinaria) e che ha emesso regolare fattura verso la società. 

Il suo credito è stato iscritto nel bilancio della startup sotto forma di “debito vs fornitori” per l’importo corrispondente.

Le parti – società e professionista – si sono già accordate sulla remunerazione del professionista mediante una quota nel capitale. Si procede quindi con la relativa delibera assembleare della startup. 

L’Ordine del Giorno sarà:

1) esame e approvazione della situazione patrimoniale della Società al giorno xx/xx/xx (non più di 120 giorni anteriori alla delibera di aumento);

2) modifica dello statuto sociale con introduzione della disciplina del c.d. “Work for Equity” in materia di start-up innovative di cui all’art. 27, D.L. 179 del 18 ottobre 2012 convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221;

3) proposta di aumento del capitale sociale a pagamento inscindibile da Euro xxx.xxx,xx ad Euro xxx.xxx,xx mediante offerta di quote di nuova emissione alla pari ai soci e, in caso di mancata sottoscrizione dei soci, con sovrapprezzo di Euro xxx.xxx,xx a terzi a fronte di compensazione di crediti maturati a seguito di prestazione di servizi ai sensi dell’art. 27, comma 4, D.L. 179 del 18 ottobre 2012 (c.d. “Work for Equity”);

4) deliberazioni inerenti e conseguenti.

Lo strumento della compensazione del credito.

Come avrete notato abbiamo utilizzato lo strumento della compensazione del credito. Questa procedura è ammessa e consente di risparmiare sul costo della relazione giurata di un revisore legale di cui all’art. 2465 codice civile che, in questo caso, non è richiesta obbligatoriamente. 

Infatti, a differenza del conferimento di un credito (che il conferente vanta verso terzi), per il quale sussiste concretamente il pericolo che il credito non esista o che non venga adempiuto e, di conseguenza, che il nuovo capitale oggetto di aumento non sia “coperto”, nel caso in esame non esiste un pericolo di questo tipo perché l’obbligazione sottostante alla liberazione del capitale è già stata eseguita ed è già iscritta in bilancio sotto forma di “debito vs fornitori”. 

Ecco quindi che nel momento in cui viene offerto in sottoscrizione l’aumento di capitale al professionista, il debito da sottoscrizione (ed il sovrapprezzo) ben può essere liberato mediante compensazione del suo credito nei confronti della società con l’effetto che il patrimonio della società si accresce immediatamente per effetto della eliminazione della posta passiva.

In questo modo il principio di integrità del capitale sociale trova concreta applicazione.

Aspetti fiscali.

Da un punto di vista fiscale il “work for equity“ è interessante perché consente a colui che – senza vincoli di subordinazione – effettua la prestazione di opere o servizi o la prestazione professionale di diventare socio o titolare di strumenti finanziari partecipativi della società godendo allo stesso tempo di una agevolazione fiscale in tema di imposta sul reddito

Nello specifico la legge prevede che le azioni, le quote e gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte di crediti maturati a seguito della prestazione di opere o servizi, ivi inclusi quelli professionali, resi nei confronti di startup innovative, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del soggetto che effettua l’apporto, anche in deroga all’art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 al momento della loro emissione o al momento in cui è operata la compensazione che tiene luogo del pagamento.

La legge non chiarisce se oggetto di agevolazione è soltanto la parte del credito compensato che va a coprire il capitale “nominale” oppure anche la parte destinata a coprire il sovrapprezzo.

A nostro parere, la ratio sottesa alla previsione in esame è proprio quella di detassare un reddito da lavoro “nella misura” in cui esso è finalizzato a dare utilità ad una startup e a contribuire al suo sviluppo, ratio che verrebbe notevolmente compromessa dalla esclusione dell’esenzione per la parte del compenso (del lavoratore autonomo/professionista) che va a coprire il sovrapprezzo.

La prestazione infatti va valutata nella sua interezza e sia l’importo del capitale nominale sia l’importo del relativo sovrapprezzo costituiscono complessivamente il compenso della stessa.

Ma soprattutto deve essere considerato che il costo per l’acquisizione della partecipazione non è solo il valore nominale del capitale sottoscritto ma anche il pagamento del relativo sovrapprezzo senza il quale non si potrebbe acquisire la partecipazione sociale.

Le risposte dell’Agenzia delle Entrate

In merito alla compensazione del credito del lavoratore autonomo con la sottoscrizione del debito da conferimento si riporta un estratto della risposta a interpello n. 516/2019 della Agenzia delle Entrate che ha affrontato il tema delle prestazioni – per ricerca e sviluppo – effettuate dall’amministratore e dai soci a fronte delle quali sono state attribuite partecipazioni al capitale (in particolare work for equity con relativa detassazione del reddito ai sensi dell’art. 27 citato) e per le quali è stato richiesto anche il credito d’imposta di cui all’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n.9 e da ultimo modificato dall’articolo 1, commi 70 e 71, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. 

In effetti l’Agenzia si è espressa sulla spettanza o meno del predetto credito di imposta.  

L’Agenzia delle Entrate non ha accolto la tesi prospettata dalla società istante ed ha espresso alcune linee di interpretazione. Invito però il lettore a contestualizzare quanto di seguito riportato poiché, nel caso preso in esame, le prestazioni erano state effettuate da un amministratore e da soggetti già soci ed avevano ad oggetto prestazioni di ricerca e sviluppo per le quali era stato chiesto anche il credito di imposta.

Le linee di interpretazione in sintesi:

– fermo restando che l’effettiva remunerazione riconosciuta al socio-amministratore e ai consulenti esterni/soci, pur costituendo, ai fini Ires, un costo per prestazioni rese dai soci (il cui debito si trasforma in capitale a seguito di rinuncia al credito da parte dei soci) e uno speculare provento ordinariamente tassabile in capo ai soci, rispettivamente a titolo di compenso per l’attività di amministratore e compenso professionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 27 del D.L. n. 179 del 2012, qualora dovessero ricorrere nel caso in esame le condizioni di applicabilità, non può essere agevolato ai fini del credito d’imposta ricerca e sviluppo non rappresentando un costo effettivamente sostenuto dalla società;

– nel caso di specie, in cui la società ha come controparti l’amministratore e soci qualificati, si determina, sotto il profilo sostanziale, un apporto di lavoro che si trasforma in capitale di rischio mediante la rinuncia al credito, lavoro che sarà remunerato solo se e quando saranno conseguiti i profitti; tale situazione quindi non consente di ritenere effettivi i costi sostenuti dalla società che ha come controparte dei soci qualificati e non economie terze;

– in relazione al corretto trattamento fiscale, ai fini IVA, delle remunerazioni corrisposte al socio-amministratore e ai collaboratori esterni/soci, si concorda con la soluzione prospettata dall’Istante, restando impregiudicata l’applicazione del normale regime IVA sulle prestazioni di servizi in esame (cfr. circolare n. 16/E del 2014, paragrafo 4);

– di conseguenza, a fronte dell’apporto di opere e servizi, il prestatore deve emettere fattura con IVA ad aliquota ordinaria da calcolarsi sul corrispettivo contrattualmente pattuito per la prestazione oggetto di conferimento. La risoluzione 16 marzo 2005, n. 35/E chiarisce che il momento di effettuazione di detta operazione coincide sostanzialmente con la compensazione che dà luogo al pagamento, sempre che precedentemente non sia stata emessa fattura. L’IVA pagata dalla Società dovrà essere poi regolarmente versata all’Erario da parte del prestatore. 

Non sono, invece, oggetto di agevolazione le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso delle azioni, delle quote o degli strumenti finanziari della startup acquisiti in regime di work for equity.

Condizioni per l’utilizzo del work for equity

Condizione essenziale per il regime di work for equity è che lo statuto della società consenta l’emissione di strumenti finanziari partecipativi a fronte dell’apporto di opere e servizi.

Ne deriva la preclusione per le s.r.l. semplificate (art. 2463-bis codice civile) per le quali è previsto uno statuto standard (non derogabile).

Lo statuto della startup deve inoltre prevedere la possibilità che gli aumenti di capitale a titolo oneroso vengano sottoscritti da soggetti terzi non soci.

Il “costo” del work for equity fuori dal caso della compensazione

Fuori dal caso della compensazione del credito del prestatore autonomo per una prestazione già effettuata come sopra visto, in linea di principio, secondo il codice civile italiano, gli apporti di prestazioni e servizi resi a fronte di quote attribuite dalle startup innovative costituite sotto forma di s.r.l. con aumento del capitale a pagamento devono essere garantiti da apposite polizze fideiussorie o fideiussioni bancarie ma, qualora l’atto costitutivo lo preveda, tali garanzie possono essere sostituite dal versamento di una cauzione del corrispondente importo. 

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