Spesso ci si trova dinanzi ad un immobile di provenienza donativa che preoccupa il futuro acquirente per le problematiche che può comportare la sua circolazione.
La considerazione della donazione quale strumento potenzialmente lesivo dei diritti dei legittimari ha reso la prassi più prudente nel ricorso a questo tipo di contratto, soprattutto per i problemi che gli immobili di provenienza donativa possono incontrare in sede di circolazione. Si tratta, nello specifico, di problemi dovuti all’aleatorietà che caratterizza tale provenienza tra i quali: l’accesso al credito, laddove si voglia iscrivere una garanzia ipotecaria, e l’eventuale alienazione successiva del bene oggetto di donazione.
Si devono, infatti, considerare i rischi ai quali è esposto il beneficiario della donazione in considerazione della retroattività reale che caratterizza l’azione di riduzione.
In concreto, può accadere che una volta accertata – con l’azione di riduzione in senso stretto – la lesione della quota di legittima, il legittimario leso ha la possibilità di agire anche in restituzione verso i beneficiari delle disposizioni lesive e dei loro aventi causa, con una nuova azione dotata di retroattività reale che consente, purché trascritta entro dieci anni dall’apertura della successione, di ottenere il bene in natura, anche a discapito del terzo acquirente.
Pertanto, qualora il titolo di provenienza sia una donazione diretta, il diritto acquistato è sempre a rischio, in quanto l’acquisto raggiungerà una certezza assoluta soltanto quando:
- ai sensi degli artt. 2652, n.8, e 2690, n.9, cod. civ, siano decorsi 10 o 3 anni (a seconda che oggetto della donazione siano rispettivamente beni immobili o beni mobili registrati) dall’apertura della successione del donante, senza che nel frattempo sia stata trascritta alcuna domanda di riduzione da parte dei legittimari di quest’ultimo;
- o siano trascorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione senza che i legittimari si siano opposti alla donazione (con conseguente interruzione dell’indicato termine ventennale).
Per quanto concerne invece le donazioni indirette, occorre evidenziare che in esse non c’è corrispondenza tra il bene acquistato dal donatario e quanto uscito dal patrimonio del donante: l’oggetto del depauperamento è la somma di denaro “vincolata” all’acquisto immobiliare direttamente in capo al beneficiario il quale, di fatto, si arricchisce del bene. L’impoverimento del donante e l’arricchimento del donatario non coincidono.
Al contrario, nelle donazioni dirette, vi è una perfetta coincidenza tra depauperamento del donante e arricchimento del donatario e con l’azione di riduzione si elimina il titolo contrattuale e si fa tornare retroattivamente nel patrimonio del de cuius il bene conseguito dal donatario. Tale retrocessione non si verifica rispetto alle donazioni indirette, poiché lo stesso bene non è mai transitato nel patrimonio del donante, ma è acquistato dal donatario o direttamente o indirettamente, per deviazione in suo favore degli effetti negoziali.
Tale asimmetria comporta la disapplicazione alle liberalità indirette dei rimedi restitutori di cui agli artt. 561 e 563 cc. Pertanto, all’eventuale azione di riduzione di una liberalità indiretta, non può essere applicato il principio della legittima in natura (con l’esperimento dell’azione di restituzione), ma la tutela del legittimario si trasferirà dalla pretesa reale ad una pretesa per equivalente.
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