La vendita con riserva dell’usufrutto


L’usufrutto è il diritto di godere della cosa altrui con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica.

Può accadere che un soggetto che abbia la piena proprietà di un immobile decida di riservarsi il diritto di usufrutto sullo stesso e venderne la c.d. nuda proprietà. Così facendo potrà continuare a godere dell’immobile e, allo stesso tempo, raccogliere liquidità.

L’usufrutto ha necessariamente durata temporanea perché se la facoltà di godimento dell’immobile fosse definitivamente sottratta al nudo proprietario non avrebbe alcuna utilità pratica la proprietà di quest’ultimo.

Relativamente alla durata dell’usufrutto occorre distinguere:

  • se l’usufrutto è costituito a favore di una persona fisica, ove non si preveda una durata inferiore, il diritto si intende per tutta la durata della vita dell’usufruttuario e – in tal caso – alla morte di quest’ultimo il diritto di usufrutto si estingue e colui il quale era nudo proprietario diventa pieno proprietario del bene;
  • se l’usufrutto è costituito a favore di una persona giuridica, ovvero di un ente non personificato, la durata massima del diritto è di trent’anni; allo scadere del termine previsto si avrà l’estinzione dell’usufrutto e l’acquisto da parte del nudo proprietario della piena proprietà del bene.

In tema di usufrutto, poi, occorre soffermarsi sull’usufrutto congiuntivo e su quello successivo.

In particolare, è valido il c.d. usufrutto congiuntivo, ovvero quello attribuito congiuntamente a più soggetti, anche con diritto di accrescimento a favore del più longevo dei titolari; nella prassi, questa ipotesi è ricorrente nel caso di usufrutto costituito a favore di due coniugi con la previsione che alla morte del primo dei due, il diritto di usufrutto competerà integralmente all’altro. Nel caso di usufrutto congiuntivo, solo alla morte dell’ultimo dei contitolari originari si avrà la consolidazione dell’usufrutto con la nuda proprietà.

Una riflessione particolare merita il c.d. usufrutto successivo che si ha quando il costituente attribuisce il diritto di usufrutto a una determinata persona e, successivamente, alla morte di questa ad altre persone e così via. Il nostro ordinamento disciplina in modo diverso l’usufrutto successivo nelle varie figure giuridiche:

  • lo vieta assolutamente negli atti mortis causa, vale a dire nel legato di usufrutto (art. 698 c.c.);
  • lo limita nelle donazioni a una sola categoria di soggetti dopo il donante (art. 796 c.c.);
  • in mancanza di ogni norma proibitiva, si discute della possibilità di ammettere l’usufrutto successivo costituito in forza di contratto a titolo oneroso, ma dottrina e giurisprudenza prevalenti ritengono generalmente ammesso senza limiti l’usufrutto successivo costituito negli atti tra vivi diversi dalla donazione.

Si ritiene comunque valido il c.d. usufrutto successivo improprio per tale intendendosi quello con cui l’alienante a titolo oneroso di un bene se ne riserva l’usufrutto con la previsione che alla sua morte lo stesso competerà ad un terzo (o a più terzi congiuntamente, ma non successivamente).

 

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