La successione nel caso di somme di denaro all’estero: quali adempimenti sono richiesti agli eredi?


Quando si succede nel patrimonio ereditario di un soggetto può accadere che tra i vari beni si erediti anche una somma detenuta all’estero.

Normalmente è previsto che i beneficiari di un’eredità presentino all’Amministrazione finanziaria la cosiddetta dichiarazione di successione entro 12 mesi dalla data di apertura della successione, che coincide, generalmente, con la data del decesso del contribuente.

Quando tra i beni ereditari vi è una somma all’estero, l’erede dovrà dichiarare la somma ereditata all’Agenzia delle entrate e avviare le pratiche di successione per pagare la giusta quantità di tasse sull’eredità.

Se la somma ereditata non era stata dichiarata dal de cuius all’Agenzia delle Entrate, l’erede non è chiamato a pagare né sanzioni né interessi ma ha l’unico obbligo di dichiarare la somma nella dichiarazione di successione, entro i termini stabiliti dalla legge.

È noto, infatti, che le sanzioni, sia di natura penale che di natura amministrativo/tributaria, non si trasmetteranno all’erede, ai sensi degli artt. 150 c.p. e 7 l. n. 689/1981.

Potrebbe accadere, però, che l’erede sia chiamato a pagare i debiti del de cuius nei confronti dell’Erario, ove non prescritti: ai sensi dell’art. 752 del Codice civile ciascun erede, infatti, è tenuto al pagamento in base alla propria quota ereditaria, salva l’ipotesi di solidarietà nei confronti del Fisco prevista dall’art. 65 DPR 600/73.

Se l’erede, dopo aver accettato l’eredità, acquista la disponibilità di denaro illecitamente detenuto all’estero dal de cuius senza presentare la dichiarazione di successione e senza  effettuare la prevista segnalazione nel quadro “RW” della propria dichiarazione dei redditi, rischia sanzioni di diversa natura, nello specifico:

  • sanzioni sia di natura tributaria: dal 3% al 15% dell’ammontare non dichiarato, ovvero, in caso di paesi “black list”, dal 6% al 30%, con raddoppio dei termini per il relativo accertamento e possibilità di recupero dell’imposta sui redditi evasa, operando la presunzione per cui salva prova contraria tali beni/attività sono da ritenersi costituiti con redditi non assoggettati ad imposizione fiscale;
  • sanzioni di natura penale: nell’ipotesi di superamento delle soglie di legge o qualora si configurino ulteriori reati, come ad esempio l’autoriciclaggio, punito dal Codice penale con la reclusione da 2 a 8 anni.
  • sanzione di natura amministrativa per presentazione di dichiarazione infedele: dal 100% al 200% della maggior imposta accertata.

Qualora, invece, l’erede scoprisse l’esistenza di somme detenute all’estero successivamente alla scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione di successione, da tale data decorrerebbe il termine di dodici mesi per adempiere agli obblighi richiesti dalla legge, purché egli possa dimostrare, ai sensi della lett. e) del secondo comma dell’art. 31 del d.lgs. n. 346/1990, di non averne avuto conoscenza prima.

Inoltre, vi è uno strumento utile per chi non ha denunciato, nei termini previsti, i redditi presenti all’estero, si tratta della c.d. “collaborazione volontaria” (voluntary disclosure) che consente ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione denunciando spontaneamente all’Amministrazione finanziaria la violazione degli obblighi di monitoraggio. Per farlo, però, occorre che l’Agenzia delle entrate apra una procedura di collaborazione volontaria, come ha già fatto in passato, e al momento non risultano esserci procedure aperte.

 

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