La scissione asimmetrica: profili fiscali


Con la scissione asimmetrica o soggettiva, per consenso unanime dei soci, ad alcuni di essi non vengono distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa. In tale scissione, dunque, non tutti i soci partecipano alla scissione in quanto ad alcuni di essi non viene assegnata nessuna delle azioni o quote di una delle società partecipanti alla scissione.

La norma di riferimento è l’articolo 2506, comma 2, del Codice civile e il consenso unanime richiesto, secondo la dottrina prevalente e il Consiglio Nazionale del Notariato, è un consenso negoziale; in altre parole, il consenso all’operazione deve essere prestato dal socio uti singulis e non uti socius e, dunque, può essere prestato in assemblea così come in via preventiva o successiva, purché prima della iscrizione della delibera di scissione. In ogni caso, se l’assemblea ha deliberato all’unanimità dei soci non si ritiene necessario prestare un ulteriore consenso negoziale, ma esso può ritenersi implicito nella delibera assembleare.

La ragione che spesso conduce alla scissione soggettiva è l’emergere di divergenze tra i soci e una tale operazione richiede delle riflessioni sui profili fiscali.

In generale, l’operazione di scissione, anche non proporzionale è fiscalmente neutrale, ai sensi dell’articolo 173 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Per alcune operazioni di scissione asimmetrica, tuttavia, si è sollevata la questione dell’abusività dell’operazione. Il concetto di abuso del diritto o elusione fiscale è disciplinato dall’art. 10­bis  della  legge  27  luglio  2000,  n.  212, ove, al comma 1, il legislatore prevede che configurino abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.

Sempre l’art. 10­bis  della  legge  212/ 2000,  al comma 3, prevede che non si considerino abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa.

In conclusione, affinché in una operazione di scissione asimmetrica non siano ravvisabili profili elusivi, ai fini Iva, occorre che le operazioni poste in essere non siano, di fatto, volte alla mera assegnazione dei beni della società scissa attraverso  la  formale  attribuzione  dei  medesimi  a  società  di  ”mero  godimento”,  non connotate  da  alcuna  operatività,  al  solo  scopo  di  usufruire  del  regime  di  neutralità fiscale, ma occorre che le operazioni determinino, nel complesso, una riorganizzazione aziendale finalizzata all’effettiva continuazione dell’attività d’impresa da parte delle società beneficiarie della scissione.

Quanto detto risulta confermato dalla risposta a interpello numero 35 del 2024 dell’Agenzia delle Entrate ove, esprimendosi su un’operazione di  scissione  totale  asimmetrica  verso  due  beneficiarie  di nuova costituzione, l’Agenzia afferma la non abusività di una tale operazione purché si rimanga nel reddito d’impresa e i beni della società scissa non passino a società di mero godimento. In altri termini, un’operazione di scissione asimmetrica deve considerarsi non abusiva quando si caratterizza come operazione di riorganizzazione aziendale posta in essere con l’obiettivo di continuare, in maniera effettiva, l’attività imprenditoriale da parte di ciascuna delle società partecipanti all’operazione. Qualora, poi, dall’operazione dovessero generare conguagli, è indubbio che essi generino reddito in capo ai soci.

Relativamente, poi, alle imposte dirette occorre evidenziare che, in linea di principio l’operazione di scissione ai sensi dell’articolo 173 del TUIR è fiscalmente neutrale e il passaggio del patrimonio della società scissa a una o più società beneficiarie – che non usufruiscano di un sistema di tassazione agevolato – non determina la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d’impresa. Ciò sul presupposto che la scissione asimmetrica sia attuata nell’ottica della riorganizzazione societaria e sia, dunque, finalizzata all’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante all’operazione. Quanto detto risulta confermato in varie risposte a interpello dell’Agenzia delle Entrate (ad esempio Risposta n. 335/2022).

In riferimento alle imposte indirette, si evidenzia che:

– ai fini dell’imposta di registro gli atti di scissione societaria, sono sottoposti a registrazione, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera b), della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di Registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, con applicazione dell’imposta nella misura fissa di Euro 200;

– ai fini delle imposte ipotecarie e catastali si ritengono applicabili l’articolo 4 della Tariffa, allegata al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 e l’articolo 10, comma 2, dello stesso d.lgs., in base ai quali sono soggetti ad imposta nella misura fissa di 200 euro gli atti di fusione o di scissione di società di qualunque tipo.

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