La forma della procura estera


Navigare nel vasto campo del diritto internazionale può risultare difficile, particolarmente quando si tratta di documenti legali come la procura estera; affinché tale documento sia valido, infatti, occorre rispettare la forma richiesta dalle leggi dettate in materia.

In particolare, si hanno due possibilità: la procura consolare e la procura redatta da un pubblico ufficiale straniero.

La procura consolare è un documento che proviene dal console italiano all’estero il quale la redige in lingua italiana e nel rispetto della legge notarile. La procura speciale così redatta sarà allegata all’atto notarile redatto dal notaio italiano. La nuova legge consolare (d. lgs. 3 febbraio 2011 n. 71) all’art. 28 disciplina le funzioni notarili dei consoli prevedendo che tali funzioni possano essere esercitate dal capo dell’ufficio consolare, secondo le modalità e con i limiti stabiliti, nei confronti dei cittadini, attenendosi alla legislazione nazionale; tali funzioni notarili possono essere esercitate solo nei confronti di cittadini italiani.

Nel caso di procura proveniente da un pubblico ufficiale straniero affinché il documento possa essere utilizzato in Italia occorre, anzitutto, la traduzione in lingua italiana ed è necessario, altresì, occuparsi del problema della legalizzazione. Nello specifico:

  • per gli Stati per i quali non è prevista alcuna forma di legalizzazione non occorrono altre formalità, si tratta:

> degli stati che hanno stipulato la Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, ratificata dall’Italia con Legge n. 106 del 24 aprile 1990, che sopprime definitivamente la necessità di legalizzazione o di altre formalità equivalenti per la documentazione emessa tra i paesi aderenti (es. Francia e Belgio) e

> degli stati che hanno stipulato con l’Italia convenzioni bilaterali (es. Germania);

  • per gli stati che hanno stipulato la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, ratificata in Italia con Legge 20 dicembre 1966, n. 1253, (es. Stati Uniti d’America) è prevista l’Apostille. In altre parole, si dà prova della veridicità della firma e del sigillo del pubblico ufficiale da cui promana l’atto mediante l’Apostille ovvero un’attestazione ufficiale che viene apposta sullo stesso atto o su un’aggiunta, secondo il modello annesso alla Convenzione;
  • per le procure estere provenienti dagli stati non aderenti alla Convenzione dell’Aja del 1961 (es. Canada), invece, è richiesta la legalizzazione apposta dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane presenti sul territorio straniero. Così facendo, l’autorità italiana accerta la validità o meno in Italia del documento redatto all’estero.

Attraverso l’Apostille, così come attraverso la legalizzazione, si attesta la veridicità della sottoscrizione e della qualifica legale del pubblico ufficiale straniero che ha rilasciato il documento, e l’autenticità del sigillo o del timbro apposto sull’atto.

Nel caso di utilizzo di una procura estera in un atto notarile da stipulare in Italia è estremamente importante il controllo svolto dal notaio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 17713 del 12 luglio 2019) ha esaminato la questione dei controlli che il notaio italiano è tenuto ad effettuare nei confronti di una procura proveniente dall’estero. In particolare, i giudici hanno affermato che i requisiti affinché la procura estera possa essere utilizzata in Italia sono: la traduzione in italiano, la legalizzazione o l’Apostille (salvo che si tratti di procura proveniente da Paese con il quale vigono diversi accordi internazionali), la conformità ai requisiti formali del Paese di provenienza e, soprattutto, la presenza dei requisiti minimi di sicurezza giuridica richiesti per la circolazione in Italia del negozio che consistono, per la scrittura privata autenticata, nella dichiarazione del pubblico ufficiale che il documento è stato firmato in sua presenza e nel preventivo accertamento dell’identità del sottoscrittore.

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