Contratto preliminare e vizi del bene


Può accadere che dopo aver sottoscritto un contratto preliminare per l’acquisto di un immobile il promissario acquirente, a cui sia altresì stato consegnato il bene, scopra che  lo stesso presenta dei vizi; in tal caso sorge la questione dei rimedi esperibili.

Com’è noto il contratto preliminare è il negozio preparatorio con cui le parti si impegnano a stipulare un successivo accordo (c.d. definitivo), di cui hanno già determinato il contenuto.

Nel preliminare, dunque, le parti assumono l’impegno di facere, consistente nel pervenire alla stipula del definitivo e si obbligano al trasferimento della proprietà del bene promesso, ponendo in essere tutte quelle attività necessarie all’attuazione del programma negoziale in maniera satisfattiva per entrambe le parti.

Nel caso di compravendita, quando vengono scoperti vizi del bene, cioè imperfezioni o difetti della cosa che la rendono inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore il compratore può chiedere, a sua scelta, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, salvo in ogni caso il diritto al risarcimento del danno.

Ai sensi dell’art. 1495 c.c., tuttavia, il compratore che intenda avvalersi della garanzia per vizi ha l’onere di denunciare l’esistenza al venditore, a pena di decadenza, nel breve termine di otto giorni che decorrono dalla scoperta, se si tratta di vizi occulti, ovvero dalla conclusione del contratto, se si tratta di vizi apparenti. L’azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna.

Le suddette azioni (ovvero l’azione di risoluzione o di riduzione del prezzo) costituiscono un rimedio eccezionale offerto all’acquirente, ossia a colui il quale risulta trasferito il diritto di proprietà per effetto del consenso manifestato.

Ma quando la fattispecie in esame è un contratto preliminare, possono valere le stesse considerazioni? A tale quesito deve rispondersi in maniera negativa in quanto nel caso di contratto preliminare il promissario acquirente, anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene viziato non incorre nel termine di decadenza e prescrizione sopra indicati. Quanto detto può spiegarsi alla luce del fatto che la posizione del promissario acquirente, anche se messo anticipatamente nel godimento del bene, non corrisponde a quella dell’acquirente vero e proprio in quanto il godimento del bene prima del definitivo non realizza il trasferimento del diritto ma serve solo ad anticipare l’oggetto delle prestazioni finali.

Quanto detto è stato confermato dalla Corte di Cassazione (sentenza 7584/2016) che, in tema di contratto preliminare, ha precisato che la consegna dell’immobile, effettuata prima della stipula del definitivo non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti, né comunque di quello di prescrizione, presupponendo l’onere della tempestiva denuncia l’avvenuto trasferimento del diritto, sicché il promissario acquirente, anticipatamente immesso nella disponibilità materiale del bene, risultato successivamente affetto da vizi, può chiedere l’adempimento in forma specifica del preliminare, ai sensi dell’art. 2932 c.c., e contemporaneamente agire con l’azione “quanti minoris” per la diminuzione del prezzo, senza che gli si possa opporre la decadenza o la prescrizione.

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